La tematica di Greenfield si incentra sulla problematica razziale che ha attanagliato gli Stati Uniti per più di un secolo e ancora non appare del tutto superata.
Questa tematica appare adesso interessante anche per noi Europei che stiamo sperimentando da pochi anni tutti i problemi di interrazialità e integrazione di culture esterne alla nostra più “classicamente” occidentale.
Greenfield adotta o prende a prestito immagini dei “menestrelli” afro-americani di inizio secolo scorso che recitavano su palcoscenici più o meno improvvisati e che, paradossalmente, nel rendersi  grotteschi e ridicoli, solo in tal modo venivano accettati dalla società bianca. In realtà Greenfield si riappropria delle immagini che rappresentano l’appropriazione della cultura Afro-Americana da parte della cultura dominante bianca, al fine di far scoprire allo spettatore un contesto alternativo. L’intento è quello di spingere l’osservatore a sospendere la sua reazione istintiva nei confronti del grottesco dell’immagine in modo da dare uno sguardo all’interno delle origini consce e inconsce del modo di pensare contemporaneo sui problemi di razza, colore e sesso e, al contempo, esorcizzare lo spettro perdurante che ancora indugia nella psiche americana. (da un testo di Mark Greenfield; traduzione di Cynthia Penna).
 
Mammigraphs:
Queste immagini sono costruite usando il Coreplast (una sorta di plastica ondulata), carta, inchiostro di china, e fotocopie. Sono create attraverso la sovrapposizione di due o tre livelli di materiale che stanno a rappresentare sia i diversi livelli di consapevolezza di sé, sia quanto gli stereotipi abbiano un’influenza psicologica sulla capacità individuale di raggiungere le radici della propria spiritualità.
“Sono convinto che noi portiamo alla soglia della coscienza “pescando” dentro una sorta di pozzo subliminale di inconscio e navigando attraverso vari livelli di coscienza per raggiungere la fonte della nostra spiritualità.”
La ricerca di Greenfield pertanto appare in queste opere tutta concentrata sul rapporto psicoanalitico tra conscio e inconscio che vengono qui rappresentati “fisicamente” in chiave pittorica attraverso elementi sfocati che sembrano emergere da uno strato di nebbia. Solo alcuni particolari di un ipotetico tutto vengono messi a fuoco e sono quelli che giungono alla soglia della nostra coscienza, mentre tutto il resto rimane sommerso negli infiniti meandri del nostro cervello.
 
Otello’s Ghost:
“le origini dellapratica di cambiare il colore della propria pelleper le rappresentazioni teatrali sono disputate, ma uno dei primi lavori includenti una “faccia nera” è certamente “Il Moro di Venezia “ di William Shakespeare del 1604. Negli Stati Uniti dagli inizi dell’800 la caratterizzazione dei neri Americani è stata sistematicamente distorta per ragioni e propositi di riclassificazione sociale e ridefinizione politica.
Il ritratto classico di un generale dell’armata veneziana orgoglioso, sebbene pur sempre omicida, lasciò il passo alla meno dignitosa buffoneria dei giullari. Questo genere divenne il “boogieman” che ha imperversato nel Paese per generazioni.
Nei miei recenti lavori ho esplorato gli effetti che queste immagini hanno avuto sul subconscio collettivo della psiche americana. Le più ovvie caricature stereotipiche presenti in questa mostra, esistono ancora nel livello conscio e servono da punto di partenza per questa esplorazione.” (da un testo di Mark Greenfield).
 
PHOTOGRAPHS and SCRIPT:
Queste opere sono stampe fotografiche ad ink jet in edizione di 4.
“Ho immaginato cosa una persona dalla faccia nera possa stare dicendo allo spettatore. È una sfida allo spettatore a cercare la propria reazione emotiva e a tirar fuori le proprie sensazioni circa l’immagine e il genere di un viso nero: come si sentono? Questo li offende? ecc.
Alcune delle frasi sono scelte quasi a provocare uno scontro; possono essere recepite in due modi diversi: uno chiedendosi lo spettatore perché sono create con facce di neri. L’altro una espressione di indignazione che lo spettatore sente per queste ributtanti immagini. Negrofobia significa paura della negritudine che a volte nasconde un senso di colpevolezza.”
L’opera “Spinvirus” è dedicata alla malattia infettiva dei neri che è la Musica.
L’opera “Ooops Upside Yo Head” denota la tendenza a cancellare le immagini di gente dalla faccia nera.