La Quadratura del cerchio di Robert Schaberl

 

 

di Cynthia Penna

 

 

La storia dell’umanità ha sempre girato attorno alla tematica della “quadratura del cerchio”.

Non è certo in termini  geometrici che ci interessa l’argomento, ma  in termini filosofici ed  estetici.

Nessuno è mai  riuscito  a far veramente quadrare il suo cerchio personale e interiore, o almeno così pare.

Ho conosciuto Robert Schaberl circa 8 anni fa ad ArteFiera di Bologna e i suoi cerchi  fatti di colore hanno accompagnato il nostro comune percorso nell’arte attraverso gli anni. Questi cerchi, molti dei quali inscritti in un quadrato, mi hanno sempre intrigato molto , pur non riuscendo a capirne il perché. Un effetto a volte ipnotico mi attraeva verso il centro; un istinto a focalizzarne sempre il centro con la spinta ad andare sempre più a fondo.

Le opere di Schaberl non sono geometriche sebbene tali sembrerebbero ad un approccio immediato: certo il cerchio inscritto in un quadrato riconduce irrimediabilmente alla geometria, eppure non vi è nulla di puramente geometrico in esse. Non è geometrismo fine a se stesso o  mezzo espressivo tematicamente unico ; le sue opere sono un esperimento di puro colore e materia; sono piuttosto il risultato di una  interazione tra occhio e oggetto, un interscambio fondato sul colore che diventa pura emozione.

Una scoperta continua e un invito a scoprire cosa c’e dietro la superficie, cosa è nascosto dietro l’apparenza. Un invito ad andare più a fondo : a scoprire di cosa è composta quella materia pittorica e quell’impasto di colore.

Il quadro parla allo spettatore di mondi “altri”, universi irreali che si fondono e si confondono nel colore.

Opere fatte di materia pittorica stemperata sulla tela attraverso  50 – 70 stesure di colore: passaggi di colore intervallati da velature e trasparenze per far sì che l’occhio umano, alla fine, più che guardare l’opera, la “interpreti” in maniera singolare e unica : ogni occhio reagisce al colore in maniera diversa e quel colore non sarà mai lo stesso per tutti: perciò più livelli di colore, velature e trasparenze vi sono, tanto più l’occhio umano reagirà in maniera differente a seconda del soggetto che lo guarda. Il risultato è una interrelazione “unica” tra spettatore e quadro, tra artista e spettatore. Un mondo unico e personale di chi guarda e di ciò viene guardato.

Perciò i mondi di Schaberl non sono meri cerchi concentrici di colore, ma sono “mondi” a se stanti; ognuno unico nella sua individualità che è quella data dallo spettatore: ogni mondo è un mondo a parte, dato dalla specificità di chi guarda, da una combinazione unica di visione ottica, reazione ottico/cerebrale e sentimento, emotività dello spettatore.

Lo sguardo è appagato dalla visione che è il guardare con emozione e attraverso una emozione.

Colpisce la perfezione formale e apparente della resa cromatica in superficie, mentre al di sotto di essa subito si percepisce una sorta di “ingarbugliamento” , di strano “movimento” vitale.

Non vi è mai freddezza formale nelle sue opere perché vi è sempre qualcosa di sotteso, come una materia in movimento che non è mai statica, ma vitale e viva.

In opere come ”Weinrot rotation” del 2003 o in “Grau violett gold” del 2004 si percepisce la vita dentro il quadro, un mondo in formazione e in divenire che non sta mai fermo.

Il divenire Eraclideo del “tutto scorre”,  tutto si trasforma e tutto è vita.

Panta rei os potamòs ,tradotto come Tutto scorre come un fiume, è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito che ben si attaglia alle opere di Schaberl.

« Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » Dal Trattato: Sulla Natura

In questo frammento Eraclito sottolinea come l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni ente, nella sua realtà apparente, è sottoposto alla legge inesorabile del tempo. Ma purtuttavia Eraclito sottolinea che v’è un Logos, sottostante a questo continuo mutamento, un’armonia profonda che governa in modo oscuro e inconoscibile la perenne dialettica fra contrari…..

Una rappresentazione in chiave pittorica di una teoria filosofica: ecco quello che ci sembra l’opera di Schaberl: un continuo divenire, una trasformazione organizzata e non caotica della materia.

Le sue opere non potranno mai essere guardate nello stesso modo, anzi, l’esperienza della loro visione sarà di volta in volta diversa e nuova: un’esperienza unica e differente ogni volta che ci si accosta alle sue opere. Una scoperta di visione e di emozione ogni volta ripercorsa in maniera differente. Più si guardano le sue opere, più si scoprono nuovi mondi ogni volta. E’ un ‘esperienza in itinere che non si arresta mai.

Un mondo governato pur sempre da un Logos che lo organizza e ne bilancia gli opposti.

In fin dei conti: dov’è e che cos’ è realmente la “quadratura del cerchio” nella vita di ognuno se non il vivere le esperienze in divenire come un qualcosa di fluttuante e in continua mutazione? Accettare di sé stessi e degli altri i mutamenti,  le trasformazioni fisiche e mentali attraverso un processo che bilanci il razionale con l’emozionale; per far sì che un cerchio  sia circoscritto in un quadrato, proprio come nelle opere di Robert, il caos viene sempre organizzato e razionalizzato in un tutt’uno  compatto e solido, ma, nello stesso tempo, evanescente e  sognante.