L’Arte nell’Arte

 

 

di Cynthia Penna

 

 

Un lavoro particolarissimo e “dedicato” agli artisti che hanno lavorato ed esposto con noi nel corso dell’anno 2008.

L’idea nacque durante il montaggio della mostra di Todd Williamson a Napoli a Villa di Donato. Stefano fu molto colpito dalle opere e dalla personalità di Todd; ci fu tra di loro un fitto scambio di opinioni e la scoperta di un comune sentire e così, improvvisamente, venne fuori l’ispirazione: Stefano chiese a Todd e a noi dello staff di aiutarlo a creare una performance inscenata e realizzata tra di noi e solo per noi: una scena viva in mutazione davanti al suo schermo personale: se stesso e la sua macchina fotografica. Egli stesso partecipò a questa performance che venne ripresa integralmente dalla sua macchina. Movimenti a rallentatore, passi di danza accennati, danze istintive inventate in quel momento, quasi riti propiziatori o liberatori. Una “fusion” di anime e di menti… Fu una bella esperienza che decidemmo di proseguire nel corso delle altre mostre previste per il 2008 coinvolgendo tutti gli artisti, ovunque noi le avessimo presentate.
Una sorta di documentazione in senso “artistico” delle varie esposizioni con la curiosità di vedere cosa fosse venuto fuori.
Seguirono le mostre di Daniel Marchi a Napoli e poi due bellissime esposizioni realizzate in Francia, una a Saint-Tropez e l’altra a Carcés in Provenza, fino a quella di Rhea Carmi a Napoli ad Ottobre.
Un anno di mostre, un anno di emozioni, un anno di relazioni documentato in un’opera d’arte unica e irripetibile.
Un esempio di come la fotografia possa documentare non solo e non tanto la realtà, quanto piuttosto l’interiorità di ognuno, i sentimenti, le sensazioni, trasportando in tal modo la individualità verso l’universalità.
Dal particolare intimo all’universale collettivo.
Tutti e ognuno si riconoscono nelle immagini: il fotogramma non è solo riproduzione della realtà; non documenta un fatto, un accadimento, una situazione concreta, ma piuttosto uno stato d’animo, un’emozione, un pensiero, una immaterialità fatta materia. Ognuno riconosce non il proprio viso o la propria figura, ma le proprie emozioni, i propri stati d’animo, i propri sogni: qui sta l’universalità del lavoro e il suo reale intrinseco valore.
Grazie Stefano .