Signes de Mèmoire

Mirko Baricchi, Fabio Borrelli, Sergio Fermariello, Gian-Antonio Golin, Ariel Soulé, Jorunn Monrad

 

La Maison des Arts – Carces ( VAR )
Dal 14/06/2008 al 19/07/2008
Curatore: Cynthia Penna

COMUNICATO STAMPA

«L’ideogramma e’ la sintesi tra segno e significato; il segno “assomiglia” alla cosa identificata…» Bruno Munari

I 6 artisti che andiamo a presentare appartengono alla nuova, ma affermata, generazione di italiani che si esprimono attraverso una matrice segnica.
Ma il loro senso del racconto non si scinde da un senso del colore connaturato alla nostra anima e alla tradizione coloristica italiana che affonda le sue radici nell’antichità’ romana e passa attraverso Giotto e il Rinascimento. Una solarità del colore e una temerarietà di accostamenti cromatici che rappresenta l’appartenenza ad un’arte mediterranea che tutto include e nulla esclude.
Perciò segno e colore diventano per gli artisti italiani un tutt’uno quasi inscindibile : una espressione artistica che e’ anche e soprattutto espressione di una radice comune , di un sentimento,e in fin dei conti di un’anima o “dell’anima” italiana.
Per questa mostra si e’ pensato di dividere le espressioni segniche dei 6 artisti in due categorie che rappresentano non solo due generi artistici all’interno del tema “segno”, ma anche due entità di rappresentazione delle proprie interiorità.
Da un lato il segno appare come evocazione di miti ancestrali e di tradizioni culturali tramandate nel corso dei secoli : i miti di ogni tempo, da quelli greci al mito della caverna di Platone.Una favola epica che si esteriorizza con un senso di primitiva purezza. Un ritorno alle proprie radici ancestrali che sono poi i miti dell’intera umanità:il viaggio, la ricerca, la tragedia,il riscatto, la conoscenza di sé e del mondo.
Dall’altro il segno appare piuttosto come un disvelamento del sé interiore del singolo artista, del suo personale percorso culturale e psicologico che affonda le sue radici in una ricerca dell’Io in chiave quasi psicoanalitica. Questo “segno” e’ perciò più intimista e personale.
Ma il linguaggio attraverso cui entrambe le categorie si esprimono e’ un linguaggio universale perché il segno e’ indubbiamente e imprescindibilmente la prima forma di comunicazione dell’uomo il quale, oltre che con la parola, fin dai primordi, ha cercato di lasciare una testimonianza del suo passaggio e del suo percorso di conoscenza : il segno, l’incisione di una forma di scrittura sulla roccia o su qualsiasi supporto che gli permettesse di ottenere una base di indelebilità’ del suo messaggio, tale da garantirgli quasi, in un certo senso, una forma di immortalità.
Perciò il segno diventa nella psiche umana, al pari dell’istinto alla riproduzione, un mezzo di comunicazione e non solo, ma anche e soprattutto un mezzo di incidere sulla continuazione della specie, un mezzo di sopravvivenza della specie che travalica il tempo finito per accedere ad una qualche forma di infinitezza.
In Sergio Fermariello e in Gianni Golin troviamo il retaggio dei nostri miti ancestrali, dei nostri progenitori: uno scavo nelle radici della nostra storia che, passando attraverso la Grecia antica e Roma si dipana verso un universalismo di miti e di mostri che l’uomo si porta dietro fin dai primordi.
E così troviamo la serie dei guerrieri di Fermariello tutti apparentemente uguali e ripetuti all’infinito, archetipi di eroi più che di guerrieri.
Una sorta di graffiti rupestri che rimandano a quelli del deserto del Sahara e giungono fino a Keith Haring.
E’la storia infinita dell’uomo alla ricerca della conoscenza che e’ sostanzialmente una perenne lotta tra forze opposte, tra bene e male, tra ottusità e disvelamento.
Una atmosfera primordiale, ancestrale nelle sue opere: l’uomo di fronte alle problematiche irrisolte del suo inconscio. Il mito però e’ anche favola epica, leggenda, e questo ci rimanda alle opere di Gianantonio Golin imperniate sul mito di Medea e sul tema del viaggio.
Il mito di Medea e’ sempre e da sempre attuale inteso come dilemma di scelta e di autodeterminazione: capacità di scegliere liberamente e senza riserve oppure con condizionamenti e arrangiamenti . Il grande dilemma umano tra libero arbitrio e libertà vera.
Ancora in Golin il segno diventa un modo di intraprendere un viaggio: viaggio di conoscenza di se stessi e dell’universo.
Negli altri tre artisti il segno diventa più “intimista” e teso alla ricerca di un sé individuale che affonda le proprie radici in una chiave di lettura psicoanalitica in Baricchi e Borriello abbiamo il tema del “bambino” che e’ in tutti noi; il “fanciullino” di pascoliana memoria o la reminiscenza dada. I giocattoli, i pupazzi, le favole sono retaggio personale e nel contempo universale; modo per sognare, modo per riappropriarsi di un’innocenza perduta; anche questo un mezzo di sopravvivenza dell’uomo e una ricerca di interiorità trascurata.
Il bambino che si trova davanti difficoltà della vita che gli appaiono ingarbugliate e insormontabili, grovigli giganteschi in cui affondare o affogare, trova però sempre una solida via di fuga in se stesso, un modo per uscirne attraverso maturazione e conoscenza .
Le figure di Baricchi, sembrano nascere più da una matita delicatamente appoggiata sulla tela che da un colpo di pennello: un graffitismo lieve ed evanescente che non aggredisce la tela, ma emerge da essa come da un sogno emerge la coscienza lieve del dormiveglia. E questo sogno che accompagna l’artista nella sua ricerca pittorica, sembra piuttosto una visione che emerge dall’inconscio; il desiderio di identificarsi con la purezza e l’innocenza di quelle figure. E’ il sogno infantile cui ognuno aspira.
In Monrad abbiamo una sorta di stratificazioni segniche che rispecchiano sovrapposizione di emozioni. Paure e gioie di una infanzia che rivive quotidianamente dentro di noi: una sedimentazione e una sovrapposizione di mostri intesi come difficoltà della vita da superare e contro cui lottare; oppure reminiscenze di giochi infantili e del mondo magico e sereno dell’infanzia. Una alternanza continua di bene e male, di delusioni lotte e riscatti e vittorie.
Un universo ludico e drammatico al tempo stesso reso attraverso immagini astratte vagamente antropomorfe.
Il simbolismo di Soulé in termini di comunicazione segnica e’ tutto nascosto: e’ una sorta di comunicazione sottesa e mai palese. Essa viaggia su colori, su forme, su reticoli connettivi che legano e nello stesso tempo trascendono la realtà e la materialità; il contatto tra le esistenze non e’ mai percepibile in superficie, non ha necessità di essere esternato, ma piuttosto deve essere colto attraverso un legame più sottile e profondo.
Il “morfoschema” che sta alla base delle sue tele e’ una sorta di apparato scheletrico che sottende tutte le opere, ma, come per lo scheletro umano, non ha necessità di palesarsi esteriormente. Eppure costituisce la base di connessione delle esistenze, così come lo scheletro e’ il fondamento del corpo umano.
Le “figure” o piuttosto le essenze, presenti nella composizione pittorica, sembrano “fluttuare” spostandosi liberamente sulla tela; emergono dal morfoschema eppure restano ingabbiate in esso perché attraverso di esso si interconnettono, ovvero comunicano.
Il segno diventa segnale codificato di comunicazione, disvelato solo a chi riesce a percepirne le chiavi di decodificazione.
In tutti comunque appare una intenzione evocativa e onirica resa attraverso una incredibile palette che copre tutto lo spettro dei colori ivi compreso il bianco e il nero di Borrelli che vengono da lui adoperati come veri e propri colori in quanto l’artista rifiuta il concetto di nero come nulla assoluto e bianco come assenza di colore.
Una capacità naturale di rendere il colore con una forza e nel contempo con un’eleganza che rimanda direttamente alla grande tradizione coloristica italiana.
Così segno e colore si fondono in un linguaggio intenso e profondo teso al recupero delle proprie radici culturali e nel contempo ad una ricerca del sé che da intimista diventa universale.
Concludiamo perciò con le parole di Alberto Fiz che mai come ora ci appaiono appropriate e vere: la vera conoscenza può emergere dal recupero di una memoria stratificata e ancestrale.

Informazioni aggiuntive

Rassegna stampa

Vernissage: 14 Giugno 2008 ore 18

Informazioni aggiuntive:
Conferenza di Cynthia Penna sul tema della mostra il 5 Luglio 2008 ore 12