Bellezza e Metropoli

 

 

di Antonella Palmieri

 

 

Introdurre la Bellezza… e la Città: tutto quello che è nelle mie possibilità, stasera, è raccontare, brevemente , di un percorso, di una via che ci ha portato oggi , insieme, qui a riconoscere una necessità di Bellezza e di Città, a connettere i due termini e a collocarli nei territori occupati sospesi tra utopia e l’eresia.
E’ un percorso fatto di tante cose: brevi, profondi scambi; appunti, tracce, pause interminabili, rimandi, rabbie intorno alle condizioni della città, di questa città.
Guardando meglio, molto di quello che ci dicevamo era intorno alla città ma molto altro era dentro la nostra modalità di essere nella  città, di rapportarci e di non rapportarci più  ad essa e di operare o di non riuscire ad  operare più attraverso l’unico mestiere che , con alterne fortune e risultati, ci sforziamo ancora di fare: il  mestiere dell’architetto.
Di fronte al disagio intellettuale, culturale e sociale che chiunque fra noi non soffra di amnesia encefalica  ha provato e prova in questo contesto,di fronte alle spinte su cui si sta muovendo e trasformando ,  il primo istinto è stato quello di una seria ricerca di un “altrove” non bene identificato ,privatissimo,  dove placare gli affanni, risolvere le contraddizioni, lasciar sbiadire  la memoria delle brutture fisiche e morali subite e da subire ,dove sanare le piaghe dell’amor proprio e della dignità di persone  raggiunti  dalla vaga sensazione di aver compiuta l’unica scelta possibile.
Una terra di confine,dove poterci raccontare quello che poteva essere e non è stato .
Ma  questo “altrove” non si dava mai compiuto né nel pensiero né nel senso, né nelle parole e non poteva compiersi : perché- crediamo- nessuno fra  noi, in fondo e purtroppo,riponeva  speranza in un ”altrove” convinti, come siamo, che non esistano soggetti in grado di definirsi indipendentemente dal mondo e intimamente   coscienti di quanto siamo fondamentali i nostri legami, le relazioni per la nostra stessa definizione .
Se “l’altrove” vacillava non ci soccorreva la considerazione che la realtà del genere umano fosse politica: non ci confortava affatto: quale Polis, quale Koinomia intesa come comunità spirituale ci sosteneva e ci dava l’opportunità di definirci, come soggetti, come polites?
Sapevamo altrettanto bene che la città di Anfione ha lasciato da tempo  il posto a quella di Prometeo e da lì……….. in più eravamo coscienti della dissoluzione della comunità e l’azzerarsi, di uno di due termini della relazione annientava qualsiasi possibilità di rapporto dialettico.
Ci ritrovavamo, non volendo, nella condizione di idios; oggi la parola idiota esprime la mancanza di una qualità psichica o intellettiva della persona e non, come all’epoca dei greci, la situazione dell’individuo che, non partecipando alla vita della polis, era mancante di una qualità fondamentale. (All’epoca , come sapete,restare fuori della vita della polis equivaleva alla morte morale).
In più occupandoci di quello di cui ci sforziamo di occupare chi eravamo senza un sentimento sociale? Quale senso avrebbe avuto il nostro operare?
Non è un caso, ci pare, che in questo momento, molta urbanistica e molta architettura rispondano non più all’operato di un soggetto che ha “interiorizzato la comunità” e le sue necessità ma , piuttosto al delirio di un soggetto prometeico, molto consapevole di sé, fin troppo, che di quella comunità ha perso ogni cognizione e della quale non decifra più alcuna necessità o priorità.
Un soggetto , appunto, “che ha rimosso la polis”. Che sopravviveva in questo deserto?
Sopravviveva un senso profondo di disgusto……………c’era e c’è intorno a noi un contesto fisico e sociale “che l’anima rilutta , nega e se ne schernisce poiché non la sente in armonia con sé ” “Dunque  sopravviveva, nonostante tutto, la capacità di risposta estetica….. .; Dunque il disgusto ( e chi non ha in mente Hilmann) poteva rappresentare “un segnale stesso della partecipazione”.
Eravamo idioti ,nell’accezione greca,per mancanza di polis  ma non ancora anestetizzati. E allora bisognava sbrigarsi: se avevamo ancora capacità di reazione forse eravamo capaci ancora di desiderare………….
Bisognava abbandonare, come di notte un accampamento che non è più sicuro,, ogni velleità di isolamento benché strutturato  e spostarsi , a caccia della comunità ,” fuori delle mura della nostra pelle”.
E ritrovare il desiderio. E immaginarne l’oggetto, gli oggetti….
Abbiamo cercato nel “rimosso”; rimossa era l’idea di Comunità e rimosso era il desiderio di “Bellezza”. Una parola diventata, chissà perchè ,scandalosa,da non pronunciare, poco contemporanea se non fuorviante.
Ma noi desideravamo ,Noi volevamo…E volevamo e vogliamo  la Città, ma una città che favorisce l’incontro, lo scambio, il rapporto,la partecipazione e in ciò riconoscevamo la sua Bellezza intesa come desiderio del Mondo.
Non cercavamo né cerchiamo la sua definizione . Lontana è la polemica distruttrice del “chi decide che cosa è bello e cosa non lo è “come lo sono le teorie estetizzanti.
Personalmente mi fermo “all’intenzionalità senza intenzione” ma accetto di tutto e con eguale entusiasmo .Non cambia la sostanza della cosa.
Intanto registravamo che l”Altrove” era scomparso davanti al desiderio.
Cercando la Città noi non l’abbiamo trovata. Dissolta e martoriata, depressa , offesa, da scelte dissennate operate da altre comunità. Vogliamo chiamarle così?
Se la città, fisicamente, dunque,non rispondeva più  bisognava ricostruire lo scambio e l’incontro con altri mezzi.
Bisognava ricostruire la “Città” altrove .
Connettere  una piccola Comunità spirituale che  cominciasse a confrontarsi: esisteva? Esisteva la riflessione sui temi che noi da mesi affrontavamo, esistevano gli studi e le ricerche che gli amici portavano avanti da anni , esistevano i saggi di chi  più stimiamo e condividiamo, esistevano gli artisti,esistevano coloro che sanno cogliere i segni del rinnovamento,  che cercano le ragioni intime dei nostri comportamenti, esistevano ancora  i poeti, i musicisti, gli artigiani straordinari ; esistevano le riviste di architettura nazionali su cui abbiamo preso ad intervenire e che, inopinatamente, ci hanno dato attenzione e un giorno sapremo perché….. insomma esisteva ancora un pezzo della “Città di Anfione”. Nonostante tutto.
Sotto l’ironia dissacrante , sotto “il tutto è perduto”,sotto il “Carissimi ,tutto è uno sfascio…di quale Bellezza dovrei parlare io ?, Sotto la lava dell’afasia  del “….. ho bisogno di silenzio …ma ….”, esisteva ancora la voglia di dire, di confrontarsi,di esserci, di pensare e di rinnovare il pensiero.
Ricompariva l’altrove : ma questa volta era il territorio dell’utopia consapevole.
E sia! Non avremmo cambiato il mondo, né forse il nostro intorno, né lo cambieremo(ma chi lo sa!)  ma avremmo migliorato la qualità degli scambi tra di noi e perciò la qualità della nostra vita intellettuale e forse affettiva Cominciavamo, così, ad abitare un progetto di comunità.
Insieme alla Città, insieme alla capacità di rispondere ancora alle sollecitazioni del reale noi cercavamo le risposte al senso del nostro mestiere. Sentivamo e sentiamo con forza   che le cose erano e sono strettamente correlate.
Sono riprese le letture e le riletture: dai classici al grande Rosario Assunto: in quale Città abitavamo : Da Anfione a Prometeo , da Prometeo a  chi?
E’ rinato il desiderio di parlare, di scrivere, di cercare dall’altro capo dell’Italia, come sotto casa, chi era ancora vivo.
E tra le carte dei colleghi, sotto le scarne cose che ci danno a fare e in cui non ci riconosciamo più, sotto l’ennesimo segno della nostra caduta libera- e cito la meravigliosa frase di un collega che spero stasera sia qui: che “da Imhotep ci ha ridotto al Gazebo” sono ricomparsi , timidi, acquerelli meravigliosi, strani oggetti, foto sorprendenti , ricerche mai pubblicate con una articolazione di senso spiazzante e poi , progetti pudici, delicati , conformi alla ragione che ormai nessuno osa più fare.
Ma allora è vero “che il Grande Represso di oggi, il tabù….(..) è la Bellezza.” E’ vero che “l’inconscio non sta sempre nello stesso posto.
Ciò che è inconscio non lo è più. (…) che l’inconscio “è sempre dove non si guarda “ e che oggi siamo inconsci della Bellezza.
Dunque è possibile che “ che se i cittadini si rendessero conto della loro fame di bellezza, ci sarebbe ribellione per le strade”?